Proprio nella giornata odierna di molti anni fa viene pubblicata la teoria quantistica, di cui qui sotto trovate un assaggio, e che ha da allora cambiato radicalmente il modo di studiare i fenomeni fisici. Leggete velocemente la teoria e uno dei suoi più famosi paradossi, credo sia assolutamente interessante( o passate direttamente a VENIAMO A NOI... ).
La meccanica quantistica è una teoria fisica che si è sviluppata e consolidata nella prima metà del XX secolo dando vita alla fisica moderna, nata per supplire all'inadeguatezza della fisica classica nello spiegare fenomeni e proprietà quali la radiazione di corpo nero, l'effetto fotoelettrico, il calore specifico dei solidi, gli spettri atomici, la stabilità degli atomi, l'effetto Compton: alcuni esperimenti effettuati nei primi trent'anni del XX secolo suggerivano, per esempio, la necessità di introdurre l'ipotesi di un comportamento corpuscolare della luce, oltre a quello classico ondulatorio di eredità di Robert Hooke e Christiaan Huygens e di postulare l'esistenza di livelli discreti di energia previsti da Planck.
Caratteristiche generali
La meccanica quantistica si distingue in maniera radicale dalla meccanica classica in quanto si limita a esprimere la probabilità di ottenere un dato risultato a partire da una certa misurazione rinunciando così al determinismo assoluto proprio della fisica precedente. Questa condizione di incertezza o indeterminazione non è dovuta a una conoscenza incompleta, da parte dello sperimentatore, dello stato in cui si trova il sistema fisico osservato, ma è da considerarsi una caratteristica intrinseca, quindi ultima e ineliminabile, del sistema e del mondo subatomico in generale. La teoria quantistica, dunque, descrive i sistemi come una sovrapposizione di stati diversi e prevede che il risultato di una misurazione non sia completamente arbitrario, ma sia incluso in un insieme di possibili valori: ciascuno di detti valori è abbinato a uno di tali stati ed è associato a una certa probabilità di presentarsi come risultato della misurazione. Questo nuovo modo di interpretare i fenomeni è stato oggetto di numerose discussioni[4][5] all'interno della comunità scientifica, come testimonia l'esistenza di diverse interpretazioni della meccanica quantistica. L'osservazione ha quindi effetti importanti sul sistema osservato: collegato a questo nuovo concetto si ha l'impossibilità di conoscere esattamente i valori di coppie di variabili dinamiche coniugate, espressa dal principio di indeterminazione di Heisenberg La meccanica quantistica rappresenta il denominatore comune di tutta la fisica moderna ovvero della fisica atomica, della fisica nucleare e sub-nucleare (la fisica delle particelle), e della fisica teorica, a testimonianza della sua estrema potenza concettuale-interpretativa nonché della vasta applicabilità al mondo microscopico. Il celeberrimo paradosso del gatto di Schrödinger con illustrazione schematica del gatto in sovrapposizione tra gli stati "gatto vivo" e "gatto morto".
Sin dall'inizio i concetti estremamente controintuitivi della Meccanica Quantistica hanno dato vita a complessi dibattiti filosofici. Esistono diverse "interpretazioni" della meccanica quantistica che cercano, in modi diversi, di gettare un ponte tra il modo in cui il formalismo della teoria sembra descrivere il mondo fisico e il comportamento "classico" che esso esibisce a livello macroscopico. Che questo sopra enunciato sia, effettivamente, un problema (concettuale e formale), venne messo in luce già nel 1935 quando Erwin Schrödinger ideò l'omonimo paradosso del gatto. Molto si è discusso, inoltre, su una peculiarità molto affascinante della teoria: la meccanica quantistica sembrerebbe essere non-locale. Questa caratteristica è stata messa in luce a partire da un altro famoso "paradosso", quello ideato da Albert Einstein, Podolsky e Rosen, sempre nel 1935, e che prende nome di paradosso EPR dalle iniziali dei tre fisici. Le interpretazioni della meccanica quantistica sono, in altre parole, dei tentativi di risolvere problemi come quello della misurazione, specificando al contempo una ontologia per la meccanica quantistica che tratti in qualche maniera il problema della non-località. L'interpretazione di Copenaghen è la più conosciuta e famosa delle interpretazioni in meccanica quantistica, viene denominata, per questo, "interpretazione standard" e la sua formulazione è stata incorporata anche nei postulati della teoria . Questa interpretazione è dovuta alla congiunzione di diverse riflessioni filosofiche, portate avanti da famosi fisici, tutti collegati, per diversi motivi, alla città di Copenaghen. D'altra parte l'interpretazione di Copenaghen non è stata mai enunciata, nella forma odierna, da nessuno di questi fisici, anche se le loro speculazioni hanno diversi tratti in comune con essa.
Albert Einstein, pur avendo contribuito alla nascita della meccanica quantistica, criticò sempre la teoria dal punto di vista concettuale. Per Einstein era inconcepibile che una teoria fisica potesse essere valida e completa pur descrivendo una realtà in cui esistono delle mere probabilità di osservare alcuni eventi e in cui queste probabilità non sono statistiche ma ontologiche. Einstein non accettava inoltre l'assunto della teoria in base al quale qualcosa esiste solo se viene osservato. Einstein sosteneva che la realtà (fatta di materia, radiazione, ecc...) sia un elemento oggettivo, che esiste indipendentemente dalla presenza o meno di un osservatore e indipendentemente dalle interazioni che può avere con altra materia o radiazione. Bohr, al contrario, sosteneva che la realtà (dal punto di vista del fisico, chiaramente) esiste o si manifesta solo nel momento in cui viene osservata anche perché, faceva notare, non esiste neanche in linea di principio un metodo atto a stabilire se qualcosa esiste mentre non viene osservato. È rimasta famosa, tra i lunghi e accesi dibattiti che videro protagonisti proprio Einstein e Bohr, la domanda di Einstein rivolta proprio a Bohr "Allora lei sostiene che la Luna non esiste quando nessuno la osserva?". Bohr rispose che la domanda non poteva essere posta perché concettualmente priva di risposta.
Paradosso del gatto di Schrödinger
Il paradosso del gatto di Schrödinger è un
esperimento mentale ideato da
Erwin Schrödinger allo scopo di dimostrare come l'interpretazione classica della meccanica quantistica (
Interpretazione di Copenaghen) risulta incompleta quando deve descrivere sistemi fisici in cui il livello subatomico interagisce con il livello macroscopico.
Fondamenti
| « Si possono anche costruire casi del tutto burleschi. Si rinchiuda un gatto in una scatola d’acciaio insieme alla seguente macchina infernale (che occorre proteggere dalla possibilità d’essere afferrata direttamente dal gatto): in un contatore Geiger si trova una minuscola porzione di sostanza radioattiva, così poca che nel corso di un’ora forse uno dei suoi atomi si disintegrerà, ma anche, in modo parimenti probabile, nessuno; se l'evento si verifica il contatore lo segnala e aziona un relais di un martelletto che rompe una fiala con del cianuro. Dopo avere lasciato indisturbato questo intero sistema per un’ora, si direbbe che il gatto è ancora vivo se nel frattempo nessun atomo si fosse disintegrato, mentre la prima disintegrazione atomica lo avrebbe avvelenato. La funzione Ψ dell’intero sistema porta ad affermare che in essa il gatto vivo e il gatto morto non sono stati puri, ma miscelati con uguale peso. » |
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Dopo un certo periodo di
tempo il gatto ha la stessa
probabilità di essere morto quanto l'atomo di essere decaduto. Visto che fino al momento dell'osservazione l'atomo esiste nei due
stati sovrapposti, anche il gatto resta sia vivo sia morto fino a quando non si apre la scatola, ossia non si compie un'
osservazione.
In pratica una particella elementare possiede la capacità di collocarsi in diverse posizioni e anche di esser dotata di quantità d'energia diverse al medesimo istante. Per quanto "assurde" secondo il nostro modo di pensare, queste strane proprietà della materia e dell'energia corrispondono alla realtà del mondo dei quanti. Le particelle subatomiche sono "delocalizzate" nello spazio e nel moto, per cui, fra un'osservazione e l'altra, si comportano come se stessero in più luoghi contemporaneamente. Solo quando una particella delocalizzata viene osservata con un esperimento che, inevitabilmente, ne modifica il livello energetico, la quantità di moto e la posizione, essa verrà individuata con determinati valori delle proprie variabili tra i vari possibili.
Ritornando al caso del gatto, fino a quando l'atomo non si disintegra (e questo evento dipende unicamente dalla natura dell'atomo radioattivo scelto, quindi è un evento unicamente probabilistico), emettendo la particella che aziona il marchingegno letale, il gatto è sicuramente vivo; viceversa, al decadimento dell'atomo, il gatto va certamente incontro alla morte. Ma lo stato quantico dell'atomo è determinato dall'osservazione, e pertanto, se non si apre il contenitore, non risulta determinato neppure il destino dell'animale, che di conseguenza può essere considerato al contempo sia vivo che morto. Il paradosso, solo apparente, sta proprio qui: è soltanto l'osservazione diretta che, alterando i parametri basali del sistema e determinando, come detto, lo stato quantico dell'atomo, attribuirà anche al gatto uno stato "coerente" con la nostra consueta realtà (si vedrà successivamente a proposito dell'interpretazione del paradosso che, secondo una corrente di pensiero, pur essendo valido in linea generale tale concetto, l'interazione di un elemento "quantistico" come l'atomo radioattivo con un apparato macroscopico come il contatore Geiger modifica fin dall'inizio la situazione).
È sempre stato così, solamente non ce ne siamo accorti fino al secolo scorso: nel mondo microscopico, ogni singola particella si comporta individualmente come delocalizzata. Viceversa, nel nostro universo macroscopico, le particelle singole, una volta aggregate in un insieme macroscopico, azzerano le singole posizioni individuali, ovvero un corpo macroscopico ha una risultante nulla delle singole proprietà delle particelle componenti, il che gli conferisce le "consuete proprietà". Senza di essa nessuno potrebbe vedere, afferrare, pensare: in una parola il mondo così come lo conosciamo non esisterebbe.
Il paradosso del gatto nella realtà
L'esperimento del gatto, così come proposto da Schrödinger, non è mai stato messo in pratica. Tuttavia un esperimento analogo, egualmente basato sull'interazione tra un "oggetto" quantistico e un corpo macroscopico, è stato attuato immettendo un fotone in un cavo a fibra ottica. Il fotone gode di due stati quantici contemporaneamente, esattamente come la sostanza radioattiva citata da Schrödinger. Inserendo un secondo cavo a metà del primo perché intercetti il fotone e ne registri lo stato, avviene ciò che, come nel paradosso di Schrödinger, si chiama "compiere un'osservazione", e da quel momento la luce si troverà in uno solo dei due stati.
L'esperimento ha permesso tra l'altro di dimostrare che l'osservazione non deve necessariamente essere compiuta da un essere umano: in questo caso l'osservazione è stata compiuta dal secondo cavo e già in quel momento la realtà macroscopica ha interagito con quella quantica, obbligando quest'ultima a incanalarsi in uno dei due stati. Se l'uomo già sapesse che l'intercettazione è avvenuta, ma non ne avesse ancora letto il risultato, dovrebbe comunque concludere che in quel momento il fotone si trova già in uno dei due stati, anche se non sa ancora in quale dei due.
VENIAMO A NOI…
Probabilmente vi starete chiedendo… cosa implica tutto questo per noi???
Nella concezione classica il determinismo era fondamentale e la probabilità era solo una approssimazione dovuta a delle informazioni imperfette.. ora la visione si capovolge.
Una prima conseguenza è che, volendo fare una forzatura, le Scienza fino ad allora si è sbagliata. Per essere più precisi la Scienza ha ritenuto che la sua struttura di base fosse ciò che si è rivelato essere solo un aspetto di una visione ben più larga.
Chi approccia alla Scienza deve ora astrarsi da ciò che vede e divenire un po’ filosofo di ciò che potrebbe o dovrebbe essere, limitandosi a misurare ciò che avviene probabilisticamente, non ciò che è per certo.
Questa nuova visione è sicuramente destabilizzante per ciascuno di noi e apre a infinite interpretazioni e a lunghissime discussioni. La non certezza ha sempre spinto l’uomo a trovare una logica, a trovare delle leggi che gli diano stabilità… ma cosa succede quando queste regole non funzionano più?... Se non sappiamo ciò che non vediamo (paradosso del gatto) abbiamo due strade: scegliere di voler vedere il più possibile oppure scegliere di non voler sapere.. e non è pur vero che se non sappiamo ciò che non vediamo allo stesso modo non vediamo ciò che non sappiamo?.. Pensate ad un quadro astratto, Picasso per prendere un autore famoso. Chi non lo conosce vede una serie di segni che cercano di ritrarre alcuni visi, bruttissimi… chi però conosce, vede… conosce la splendida maestria del pittore nel cercare di denunciare e di sconvolgere la realtà… cercare di entrare dentro la figure e esplorarla nella sua tridimensionalità.. e ne vede il genio.
Io scelgo di vedere… di guardare le persone che mi sono vicino, di cercare di capirle nel profondo.
Cerco di costruire la mia vita giorno dopo giorno, con basi solide che vanno ogni istante messe in discussione, che si devono distruggere per crearne di più complete.. Mettersi in discussione per crescere per migliorare, non considerarsi mai superiori e meglio degli altri, perché anche il più stolto degli altri può demolire le ns fragili certezze. Certo ciò comporta molta fatica e destabilizza molto ma ci costringe ad avere coscienza di noi stessi dei ns limiti e delle ns potenzialità.. e ci impegna a vivere pienamente la ns Vita (che è il ns. obbiettivo!)
Grazie.
Gaia